L'INVERNO NON è MORIRE, È ATTESA DI PRIMAVERA

È ghiacciato l’inverno, e io lo adoro quando intirizzisce di gelo il paesaggio, cristallizzando bianchezza ovunque. Passeggio lungo il sentiero incorniciato dagli arbusti che, silenti sentinelle rivestite di candore, fiancheggiano impettiti i miei passi svelti.

Il silenzio è ovunque e la morte sembra avvolgere con il suo drappo rigido alberi, steli d’erba e cespugli che, immobili, la accolgono.

E noi, come ci comportiamo innanzi al mistero del Grande Valico? È umano temere ciò che non si conosce e quindi esorcizzarlo o rimuoverlo dai pensieri, ma il nostro divagare non ci eviterà quell’appuntamento inamovibile e già fissato sullo scadenzario del destino.

Mi affascina la leggenda uzbecka musicata da Vecchioni nella quale un soldato, durante i festeggiamenti per la fine della guerra, vede lo spettro della morte osservarlo in modo maligno; il giovane, preso dal panico, chiede al sovrano il cavallo più veloce “figlio del lampo, degno di un re” per scappare fino alla lontana città di Samarcanda, proprio il luogo dove la “nera signora” aveva fissato l’appuntamento con lui.

Mentre il racconto popolare narra l’ineluttabilità della fine alla quale è inutile cercar di sfuggire, nel profondo dialogo che intercorre fra uomo e natura, l’inverno ci insegna a non aver paura della morte perché la Vita non ha mai mancato una primavera.

Tutto scorre, panta rei e, da tempo immemore, le stagioni della nostra vita vanno in scena ogni anno sul palcoscenico del mondo:

concepimento e nascita avvengono in primavera, i germogli spuntano teneri e fragili ma via via si rinforzano e sono come un bimbo che inizia a gattonare e poi a muovere i primi passi fino a diventare un giovane uomo;

al rigoglioso culmine della fioritura sboccia l’estate, l’età adulta, caratterizzata da quei verdi virgulti divenuti frutti più o meno succosi e nutrienti a seconda delle caratteristiche genetiche, ma anche dell’ambiente, del sole, dell’acqua e delle amorevoli cure ricevute.

Segue l’autunno, la vecchiaia, il lasciar andare, insieme alle foglie, tutto ciò che non serve più, per concentrarsi sull’essenziale invisibile agli occhi, dice Saint-Exupéry.

Infine l’inverno, la morte, il cambio d’abito; tutto è fermo, pallido, ma solo in apparenza perché all’interno dei fusti, la linfa continua a scorrere in attesa della rinascita primaverile.

Quanta bellezza nello specchio della natura, nel suo tranquillizzarci mostrandoci la linfa vitale che in noi si chiama Spirito e che, immortale, quando il nostro corpo torna alla terra, continua il suo viaggio attraverso le primavere dell’esistenza.

E allora guardiamolo, questo inverno, e rilassiamoci!

La natura non è morta, si sta solo riposando e ci invita a fare lo stesso, a godere di un tè caldo come di un buon libro e di un sonno ristoratore. È un intimo richiamo a gustare ogni momento di questo cammino accettandolo così com’è perché, con le sue miserie e meraviglie, è vita, un frangente unico e irripetibile d’eternità.

 

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#16 gennaio 2021
#GiornaleDiBrescia
 

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