LA VITA È TROPPO BREVE PER IMBRATTARLA DI RABBIA

«Che vita di m…» ‘schifosa’, «che famiglia di s…» ‘soggetti deplorevoli’. Le parole filtrate dalla censura sono di Superman, un imprenditore che si sente spesso dire quanto sia fortunato a vivere in un luogo meraviglioso, ad avere una bella famiglia e a collezionare successi negli affari. 

Superman, come ogni super eroe, ha una doppia vita: quella fatta dalla bomba di rimproveri e urla che esplode appena varca la soglia di casa, e quella spiritosa della simpatia che riserva ad amici e clienti. 

La verità è che Superman ha la rabbia a fior di pelle ma, se qualcuno glielo fa notare, si altera ancora di più. Risultato? La famiglia, ridotte al minimo le parole, cerca di evitarlo il più possibile, ma Madre Vita no! 

Generosa e paziente, Madre Vita cerca incessantemente di aiutarlo a estrarre la testa dal sacco buio nel quale si è infilato richiamandolo con tocchi leggeri e, via via, sempre più pesanti;

è la stessa modalità che usa con ognuno di noi sfiorandoci con ‘carezze’ fatte da disagi vari o parole che ci infastidiscono nel profondo, e alzando il volume con le sberle degli incidenti, dei grandi guai, delle malattie.

In questi richiami non c’è sadismo alcuno, ma solo il desiderio amorevole di destarci dal sonno perché, se la nostra vita sta andando in fumo, dobbiamo pur svegliarci!

Superman, arrivato ai ceffoni, si è ammalato. Solo in un letto di ospedale in compagnia delle sue paure, l’imprenditore ha visto emergere ad una ad una le sue fragilità e le ha osservate.

Confortato dai familiari, si è accorto di provare sollievo in loro presenza e di precipitare nell’abisso una volta finito l’orario di visita.

Il suo primo pensiero è stato: “Se tutti smetteranno di farmi arrabbiare con i loro modi odiosi, starò bene”, cioè: “Adesso che mi sono accorto di avere la faccia sporca di marmellata, mi basterà ripulire lo specchio che me la fa vedere, per tornare lindo”. 

È così anche per noi? Davvero pensiamo che la nostra pace interiore possa arrivare dall’esterno?

Io penso che solo lavorando su noi stessi vedremo modificarsi la realtà, perché ciò che laveremo non sarà la superficie riflettente, ma il nostro volto sporco di marmellata che, tornato luminoso, si rispecchierà tutt’intorno.

D’altronde, se il nostro benessere dipendesse dagli altri, saremmo schiavi e non creature libere, libere di impaludarci in un mondo triste, ma anche libere di risalire la china delle ferite incancrenite e degli scogli caratteriali.

Mi chiedo: perché sono così poche le persone che decidono di guardarsi dentro?

Forse perché ci vuole tanto coraggio e l’umiltà di farsi aiutare, mentre la via della distrazione lascia intatti i nodi, ma fornisce una fuga immediata.

Per nostra fortuna evitare per sempre l’incontro con la verità, unica portatrice di pace e di gioia, è impossibile e i nodi, prima o poi, arriveranno al pettine.

La buona notizia è che oggi Superman ha deciso di lavorare su di sé e l’ha fatto perché vuole darsi il permesso della felicità, quello che i suoi genitori non si sono mai dati, quello che la vita riserva, ma non impone, a ognuno di noi.

Auguri a Superman e a tutti i superman che ci abitano… perché la vita è troppo breve per imbrattarla di rabbia.

 

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