MIGLIORARE IL MONDO TACENDO

«Ho sparlato di un tale, inventandomi falsità». Il Don è perplesso; la donna seduta davanti a lui sta confessando per l’ennesima volta il peccato di calunnia.

Per aiutarla il sacerdote le ordina di comprare una gallina morta, ma con le penne. «Che penitenza sarebbe? E cosa c’entra la gallina?» irrompe lei.

Don Filippo Neri soggiunge: «Ascoltatemi con attenzione: non si tratta solo di comprare la gallina, ma di portarmela spennandola per le strade di Roma. Poi vi dirò cosa fare».

La penitente ubbidisce, si procura la gallina e la spenna mentre cammina. 

A chi le chiede motivo di quel gesto risponde di avere a che fare con un prete strano, uno che probabilmente ha voglia di un brodo per pranzo o che ha qualche signorotto da oliare. Siamo nel 1500 e quando la comare raggiunge la chiesa con il pennuto denudato, constata stupita che il Don non lo vuole.

«Ora tornate indietro - ordina il religioso - e raccogliete tutte le piume che avete disperso». 

«Ma è impossibile - fa lei - c’è anche il vento e chissà dove sono finite».

«Lo so - commenta serio il futuro santo - anche le chiacchiere che avete sparso per tutta Roma non si possono più raccogliere perché sono come le piume e le penne di questa gallina.

Non c’è rimedio per il danno che le vostre maldicenze hanno fatto».

Questa storia fa riflettere su quanto le parole possano essere pietre (C. Levi) e sulle lacerazioni che causano, ferite che potranno sì con il tempo guarire, ma il cui segno non si potrà cancellare.

Cosa si può fare?

C’è un prima e un dopo. Nel prima si può cercare di evitare che succeda nuovamente imponendosi di tenere la bocca chiusa quando si sta immettendo nell’aria fiato putrido che, oltre a far male agli altri, ha già reso marcio l’alito di chi l’ha prodotto;

allo scopo è necessario auto osservarsi animati dal desiderio di partire da sé per migliorare il mondo, anche tacendo.

C’è poi il buon vecchio esame di coscienza serale per interrogarsi sui proprio agire; certo, fare i conti ogni giorno con se stessi è impegnativo, ma è il passo indispensabile per rinnovarsi oltre che per comprendere gli altri.

In quanto al dopo, cioè al male che ormai si è generato, si può chiedere umilmente perdono e agire in modo concreto per sanare il torto arrecato, ma le scuse, se accettate, non elimineranno le cicatrici che, indelebili, resteranno fiere e spietate testimoni sia per chi ha subito sia per chi ha inferto il colpo.

Qualcuno preferisce non voltarsi indietro minimizzando l’accaduto con un “sono fatto così”, “ormai è successo, pazienza”,

ma giacché i conti in ultima analisi si fanno sempre e solo con se stessi, è solo un ritardare l’incontro con le proprie responsabilità, oltre che con la propria serenità perché “tanto più l'uomo è indulgente con se stesso, tanto più diventa infelice (Gandhi)”. 

Di San Filippo Neri è famosa la frase “State buoni, se potete”. La domanda è: possiamo?

Io dico di sì perché, indipendentemente dalle penne e dalle piume che abbiamo seminato, l’alba di ogni giorno ci offre sempre la possibilità di un nuovo inizio e “cominciare è il verbo adatto alla gioia (Handke)".

 

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#16settembre2023
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