L'AMICIZIA È VIVERE SENZA STAMPELLE

A 5 anni il mio miglior amico era il bambino con cui giocavo, a 8 anni il mio vicino di banco, a 14 il mio cane, a 16 la mia compagna di studi e spensierati fine settimana.

Li chiamavo amici perché erano persone sulle quali potevo contare, ma forse avrei dovuto chiamarli stampelle… sì perché come può un rapporto amicale essere basato su di un bisogno fosse anche di sano divertimento, piacevole compagnia, mutuo aiuto, confidenza reciproca, condivisione di un interesse?

Tutte cose bellissime e sacrosante, ma l’amicizia con la ‘a’ maiuscola è altro.

Gli ultimi puntini sul tema li ho uniti di recente grazie al mio amico Roby che ha condiviso con me un brano di Paolo Spoladore: il pezzo in questione inizia parlando di un pesco i cui fiori, in apparenza, sono collegati ai rami, i rami al tronco e il tronco alle radici.

Guardando più attentamente l’albero, l’autore si chiede: il vero legame è quello delle parti fra di loro o delle parti alla sorgente della vita? 

Scrive: “È solo nella misura in cui tutte le parti del pesco sono armoniosamente collegate con la fonte della loro vita, cioè la terra, l’acqua, l’ossigeno, che è possibile un legame bello ed efficace tra le varie parti del pesco stesso.

Il vero legame e collegamento è solo con chi ci dà la vita, gli altri legami ne sono una conseguenza”. 

Così è per noi.

“Sono infiniti i legami degli uomini dettati dal sangue, dai collegamenti affettivi, dalle relazioni, ma in realtà tutti gli uomini, se non sono legati e collegati con la fonte prima della vita, non possono essere collegati”, nel senso più nobile del termine, in alcun modo tra di loro.

Sento queste parole riverberarmi dentro: come possiamo essere amici di qualcuno se prima non siamo noi stessi vivi, cioè collegati alla fonte dell’esistenza?

Se siamo aridi di cuore, sterili calcolatori, fiori appassiti o rami secchi, la nostra fragilità ci porta per necessità di sostentamento ad appoggiarci agli altri.

Se siamo congiunti alla sorgente, invece, non abbiamo bisogno di stampelle perché stiamo in piedi grazie alla terra, all’acqua e all’ossigeno, cioè allo Spirito che ci abita.

Allora sì che siamo liberi di instaurare rapporti di autentica amicizia, relazioni dell’anima che non rivendicano attenzione e compagnia per colmare le voragini interiori, ma che diventano reti di connessione profonda, un terreno fertile sul quale crescere, come un bosco di alberi svettanti, verso la luce della consapevolezza. 

È la differenza tra essere edere abbarbicate ai fusti e tronchi eretti che, affiancati gli uni agli altri, assorbono acqua dalla terra respirando gratitudine e sole. 

Siamo nati divisi (dividui) per tornare a essere indivisi (in-dividui) e per riuscirci dobbiamo continuare a osservare e a sanare le nostre fratture interiori.

Nel viaggio incontreremo prima salvifiche stampelle e poi, man mano ci completeremo dentro, strumenti diversi. Il mio preferito è l’Amicizia, un volo alto che arricchisce e non lega. 

Diventeremo chi siamo destinati a essere: pesca, noce, uva e saremo lampade accese che non si limiteranno ad “andare avanti”, ma che vivranno, vivranno davvero!  

 

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