SONO UN ESSERE UMANO O UN AVERE UMANO?
“Non aveva lasciato passare un minuto della sua vita che non fosse stato impiegato a fare della roba” Mazzarò, il protagonista della novella del Verga, e “di una cosa sola gli doleva, che cominciasse a farsi vecchio, e la terra doveva lasciarla là dov’era”.
Nell’indimenticabile racconto “La roba”, l’autore mette in scena la figura dell’accumulatore che trae sicurezza dal possesso dei beni ai quali si aggrappa come estremo tentativo di legarsi, per loro tramite, alla vita.
“Questa è un’ingiustizia di Dio - dice Mazzarò - che dopo essersi logorata la vita ad acquistare della roba, quando arrivate ad averla, che ne vorreste ancora, dovete lasciarla!”
La rabbia del protagonista è la logica conseguenza di chi, non conoscendo l’amore, vive ossessionato sia dall’avere sempre più sia dal tenersi stretto ciò che ha.
È comprensibile. Siamo corpo, mente e spirito: se diamo da mangiare solo ai primi due, perituri, cercheremo fino allo stremo di non mollarli mentre, se coltiviamo il giardino del cuore, nutriamo lo spirito, sganciamo i pesi che ci ancorano a terra, godiamo di panorami sconfinati e…
«mi accorgo di come, pur limitandosi la mia quotidianità, partecipo molto di più alle vicende del mondo - dice la mia cara amica Paola (81 anni) - Ci sono persone sconosciute che sento vicine e per le quali prego ogni giorno,
come la neonata siriana di Aleppo che nel terremoto dello scorso febbraio è stata trovata viva con il cordone ombelicale ancora attaccato al corpo senza vita della madre.
I miei orizzonti, per un verso rimpiccioliti dal fisico traballante, per un altro si sono ampliati».
Per questo Paola, pur vivendo sola, non si sente sola ed è serena mentre chi è ripiegato sui propri averi è prigioniero della propria irrequietezza.
In realtà chi evolve si apre, non percepisce più distanza fra sé e gli altri perché vive concretamente l'essere goccia dello stesso mare, gioioso assaggio d’infinito.
“Sono uno con tutti, eterna energia vibrante in transito sulla Terra, pensiero sottile addensato in materia - scrive Camillo nel mio romanzo Dentro le Scarpe - Vivo per amare” perché l’uomo, a differenza dell’animale,
non nasce per morire, ma per scoprire l’assenza di morte (amore,“a-mors”, senza morte) e diventare ciò che è destinato a essere: l’Uno che contiene il tutto, il “saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia”.
Ben inteso, non c’è nulla di sbagliato nel possedere cose, lo sbaglio è quando le cose si impossessano di noi costringendoci a viaggiare appesantiti su orizzonti circoscritti e a finire come Mazzarò:
“Quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: «Roba mia, vientene con me!»”.
Arriviamo al mondo e lo lasciamo senza valigia, vogliamo davvero trascorrere il tempo di mezzo a dannarci per i beni da mettere e conservare nel bagaglio riducendo il nostro esistere a un prendere invece che a un diventare?
Se l’uomo si chiama essere umano e non avere umano, un motivo ci sarà. Scopriamolo osservando le foglie che si staccano e cadono davanti ai nostri occhi ad una ad una, con infinito a-mors.
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#18novembre2023
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