I SENTIMENTI SONO CRETA DA MODELLARE

È un ribelle e in collegio non ci vuole stare, Leoncillo, quindi scappa attraversando di notte i boschi infestati di lupi della sua Umbria, ma a casa ci arriva, incolume, e ci resta giusto il tempo di venire scoperto.

Non gli piace stare in quell’istituto e gli studi tecnici non gli interessano; per il quattordicenne l’unica via di fuga dall’inquietudine è comportarsi in modo inaccettabile.

Il risultato è la bocciatura, ma a casa non la prendono bene. Orfano di padre dall’età di tre anni, la madre lo chiude a chiave in uno sgabuzzino per tutta l’estate affinché studi e rifletta sulle conseguenze della sua condotta. 

Corre l’anno 1930, la stanzetta è angusta, c’è solo una finestrella che dà sul cortine ed è forse proprio lì che, per distrarlo, il fratello gli lascia un secchiello con della creta.

“Leoncillo scolpì una cane che sembrava fissare un punto lontano e una scimmia dallo sguardo perplesso” scrive la psicologa e scrittrice Paola Cadonici nel libro “Leone in gabbia”.

“Dopo aver aperto in un modo tanto insolito le cateratte della creatività”, Leonicillo Leonardi, diventato uno tra i più grandi scultori del ‘900, scoprì non solo “la libertà del pensiero, quella che nessuno ci può mai togliere”, ma anche “che la sua presenza nel mondo passava attraverso la creta.

Lui pensava che solo qualcosa destinato a ritornare polvere potesse raccontare quanto è grande l’eternità e quanto è piccolo l’uomo davanti a lei”.

Per questo “tra i possibili materiali plastici scelse il più destabilizzante, la ceramica, che affida i risultati finali di forma e colore al fuoco, il più imprevedibile e potente tra gli elementi”.

Scolpire, per lui, “altro non era che far eruttare all’esterno la lava della sua disperazione esistenziale e lavorarla mentre si solidificava”; “Quando creava si sentiva libero”.

Anche noi siamo leoni in gabbia che possono ritrovare la libertà perduta creando “ogni giorno un po’. I nostri sentimenti sono la creta che abbiamo a disposizione - spiega la Cadonici - dobbiamo solo decidere cosa farne”, “diventare artisti dei nostri sentimenti” convertire, ad esempio, la rabbia in energia usando ”la noia come opportunità”.

Peccato sia diventata merce tanto rara, la noia, perché la sua presenza aiuta a “liberare il pensiero dalle catene che lo imprigionano“.

Ovunque, nelle scuole, nei comuni, nelle associazioni, negli ospedali, ci vorrebbero stanze di creatività aperte a tutti (praticamente ambulatori di prevenzione) per permettere a grandi e piccini di trasformare, con l’ausilio di tele, colori, terra, carta, colla, seghetti, scalpelli, legni, stoffe, ferro, ecc… le emozioni in creatività.

Quanti leoncilli languono prigionieri dei gingilli elettronici, odierne gabbie tecnologiche?

Scarceriamoli obbligandoli anzi obbligandoci ad annoiarci e a plasmare le nostre emozioni per evitare di sfogarle sugli altri oltre che per scoprire l’arte che fa del 2+2 un 7.

Chissà che lo sguardo lontano di quel primo cane foggiato da Leoncillo e quello perplesso della scimmia non ci aiutino a vedere oltre i quotidiani scimmiottamenti umani chi veramente siamo e a diventare artisti del nostro destino, gente che mentre crea ha la libertà addosso.

Lasciamoci stupire!

 

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