È UN CANTO D'AMORE, l'ALLEGRIA
Mentre la pioggia batte contro i vetri e il vento schiaffeggia i muri della casetta sulla spiaggia, le parole di Colette riempiono l’aria. E riempiono me. «Io prima o poi dovrò spiegare alle persone che non c’è tempo per essere infelici - racconta Colette a Enrica, sua ospite -
Oggi piove? Le piante si bagnano. Fa freddo? È inverno, ne abbiamo bisogno. C’è sempre un motivo di felicità».
La tentazione di vedere la 79enne come una privilegiata alla quale sono stati risparmiati grandi dolori è latente, ma la storia che mi si srotola addosso inizia ai Caraibi con un uragano che rade al suolo il suo villaggio sorprendendo i suoi giovani genitori, entrambi skipper, in mare aperto e mai più restituendo né corpi, né barca.
Alla piccola Colette non resta che immaginare, nei legnetti che da quel giorno raccoglie sulla spiaggia, pezzi di relitto.
A 16 anni Colette e suo fratello si trasferiscono a Ginevra dove lei si laurea in interpretariato, impara 7 lingue e diventa pilota d’aereo. In Lussemburgo incontra l’anima gemella e dà alla luce una bambina che, a soli 5 anni, muore in un incidente automobilistico insieme al suo papà.
Davanti alle due bare la giovane vedova si sente trasportare oltre l’oceano di quel dolore, nell’oltre dove le scelte di chi parte e di chi resta si compiono e, soprattutto, dove la separazione non esiste e le anime sono sempre insieme. Lei è viva, questo è un dono e loro sono ancora con lei.
Con tutta la forza del suo nome (Colette significa vincitrice) non solo si rialza ma «non mi sono mai sentita sola - racconta - perché i miei cari hanno scelto di morire, ma poi hanno deciso di stare con me. Li ho tutti dentro, mi guidano e io vivo anche per loro».
Anche il fratello di Colette, anni dopo, perse la vita sull’asfalto, ma lei continuò con passione a vivere molte vite, forse una per ognuno dei suoi morti.
Una sera, quando dirigeva un grande albergo in centro Italia, venne chiamata per una cliente che piangeva al bar. «Scendo subito e le offro un whisky come avevo visto fare in un film. La donna era angosciata perché il marito aveva costruito alcune palazzine in Sicilia allo Stagnone e, non riuscendo a venderle, stavano per perdere tutto. Le dico: “Andiamo a vederle"».
Partimmo all’indomani in macchina e, al nostro arrivo, il mare, il sale nelle narici, i colori mi riempirono. Fu subito amore. “Non le vendi? - dissi - Affittiamole, ci penso io”. Mi trasferii in Sicilia e, abitando lì, mi accorsi che c’era quasi sempre vento, i primi kitesurf iniziavano ad arrivare e io richiamai allo Stagnone i tour operator facendolo conoscere come il paradiso dei kitesurfer», oltre che salvando le economie della cliente.
Colette si è sempre fatta guidare dall’oltre, il suo sentire e il suo raccogliere legnetti consunti dal mare, oggi, aleggiano nell’aria anche per noi, perché possiamo percepire che i frammenti della gioia sono ovunque e che, continua,
«Quando qualcuno muore per noi è una rinascita. Abbiamo il dovere di onorare con l’allegria tutti coloro che amiamo, vivi o morti che siano. È un canto d’amore, l’allegria», illumina i nostri giorni e fa di ogni respiro un dono, un sorriso, un grazie del cuore.
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