IL DRAGO E IL CORAGGIO DI SCIOGLIERE I NODI

Pamela è una manager brillante, la classica professionista quotata che ricopre ruoli di prim’ordine. Di notte, però, fatica a dormire e il mattino si alza in preda all’ansia perché il carico di lavoro la sovrasta e lei aspira alla perfezione senza poter tuttavia controllare le molteplici variabili in campo.

In una corsa a perdifiato nel traffico cittadino, Pamela sfreccia in ufficio travolta dal vortice degli impegni non fermandosi nemmeno nei fine settimana, quando eventi e cene richiedono la sua presenza. 

Cosa accadrebbe se rallentasse un po’? E a noi, cosa succederebbe? 

Fermarci ci metterebbe forse a disagio perché rischieremmo di vederci? Vederci davvero? Abbiamo mai provato a stare soli con noi stessi senza lavoro, telefono, televisore, computer, familiari, amici, animali, parole da leggere e incombenze da sbrigare?

Cosa c’è nelle nostre profondità che potrebbe emergere in assenza di distrazioni? L’ombra o, piuttosto, la luce?

Quando pensiamo che la nostra quotazione alla borsa della vita sia direttamente proporzionale al denaro che produciamo, ci condanniamo a ricoprire ruoli che possano stamparci in volto un’espressione vincente mentre, nel profondo, il non senso dell’aridità materialistica avvinghia silente il nostro cuore.

“Quell’attribuire valore di bene in sé a qualcosa che non risiede immediatamente in noi stessi - dice Schopenhauer - è quella stoltezza che fu chiamata vanità, ‘vanitas’, a significare il vuoto, la vacuità di un tale atteggiamento”.

Questo vuoto-vanitas, che ci mostra quanto sterile sia puntare sugli altri, incolpare il mondo o travestirci da ‘splendidi’, si contrappone a un vuoto-pieno nel quale luce e silenzio possono affiorare al di sopra del ‘fare’ e del ‘non voler vedere’ permettendoci di percepire l’anelito profondo dell’anima che spesso fuggiamo forse perché, diceva Nelson Mandela, “è la nostra luce, non la nostra ombra, quella che ci spaventa di più”. 

La via d’uscita esiste e Pamela l’ha trovata; dopo aver avuto il coraggio di guardare il vuoto del suo baratro, si è presa cura di sé a ogni livello: corpo, mente, spirito.

Ha continuato a lavorare, ma meno e con un generoso pizzico di distacco, ha osservato la tossicità dei suoi pensieri, li ha sostituiti, e ha osato nutrire lo spirito permettendo ai raggi della Vita di attraversarla. Sterminati oceani di pace hanno iniziato a lambire le coste delle sue rigidità e a prendersi cura di lei con dolcezza infinita. 

Dal 9 febbraio questa possibilità di cambiamento è arrivata anche per noi perché, secondo l’astrologia cinese, siamo entrati nell’anno del ‘drago verde di legno’, un periodo di forza e riflessione, fortuna, libertà e, soprattutto, rinascita; avremo modo di osservare quel che ci corrode dentro perché emergerà naturalmente e, prendendoci le nostre responsabilità, potremo osare nuovi orizzonti e lavorare sull’evoluzione della specie, cioè su di noi. 

Via libera all'anno del drago, quindi, al suo scoperchiare il pentolone torvo degli insoluti, al suo mostrarci che siamo qui per sciogliere i nodi che da troppo tempo ostruiscono il pettine per riappropriarci, oltre che della meraviglia che siamo, del nostro innato e inalienabile diritto di nascita: la felicità.

 

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