SE LE ASPETTATIVE NON SONO DESIDERI MA CATENE
Me lo ricordo benissimo, quel giorno, perché ero in ospedale a fianco di mia figlia nata da poche ore. In camera con me una primipara con il suo piccolo Matteo.
Era l’ora delle visite e i due bebè dormivano beatamente quando la stanza, con l’arrivo dei nonni paterni e del padre di Matteo, si riempì di chiacchiere e regali.
Quando il piccolo si svegliò, la madre lo prese in braccio dicendo: «Nonni, vi presento Matteo». La risposta dell’anziano patriarca in doppio petto blu, mi lasciò senza parole, ma non senza pensieri.
Disse: «Benarrivato Matteo, anzi, ingegner Matteo» aggiungendo che, in una famiglia di ingegneri, era il traguardo minimo che ci si potesse aspettare. La madre del piccolo abbassò lo sguardo velato di tristezza e, mentre marito e suocera tacevano rassegnati, il nonno, impettito, sorrideva soddisfatto a tutto campo.
Io osservavo la culla del più giovane ingegnere che avessi mai conosciuto e mi immaginavo cosa sarebbe successo se anche lui, come Lorenzo, avesse disatteso i diktat familiari.
Era, Lorenzo, il sesto figlio di possidenti terrieri destinato, per lignaggio familiare, a solcare sterminate distese di terra su imponenti mezzi agricoli, e ad abitare in un cascinale dove già vivevano i genitori, gli zii, i nonni e i fratelli con le rispettive famiglie.
Lorenzo imparò fin da bambino a guidare trattori, studiò, diventò uno scrupoloso agricoltore e non rivelò mai a nessuno il suo inconfessabile sogno: diventare pilota di linea.
Un giorno il giovane si ammalò gravemente. La sorpresa fu il medico che lo visitò e che, a bruciapelo, gli domandò: «Tu stai facendo quello che vorresti fare?».
Titubante il ragazzo rispose: «Ho un buon lavoro nell’azienda di famiglia».
«Non ti ho chiesto dove lavori, Lorenzo, ti ho chiesto se quel che fai ti piace, se è quello il lavoro che sognavi di fare».
«No! - la risposta del ragazzo calò perentoria - io volevo pilotare aerei».
Con dolcezza e pazienza il dottore, dopo avergli spiegato come si originano le varie patologie, gli disse che sarebbe stato operato e curato ma che, essendo la sua una malattia considerata inguaribile dalla medicina allopatica, era di fondamentale importanza inseguire quel sogno.
Passarono alcune primavere e, una domenica mattina, mentre le spighe di grano ondeggiavano lievi, Lorenzo si ritrovò nel cascinale, occhi negli occhi con suo padre, a comunicargli di essere stato assunto alla Lufthansa.
La reazione dell’uomo fu brutale e creò una frattura che, ai giorni nostri, non è ancora guarita. In compenso Lorenzo non solo è vivo, ma è anche un felice pilota.
Quanto spesso succede di rovinare la vita di un figlio o di un nipote perché lo si vorrebbe simile a sé o perché si pretende che ci riscatti arrivando laddove noi non siamo riusciti ad arrivare? Quanti bambini, ragazzi e adulti stanno vivendo con il peso sul petto dell’aver conseguito o mancato un traguardo altrui?
Le nostre aspettative non sono sani desideri, ma catene che, oltre a danneggiare i destinatari dei nostri desideri, fanno male a noi; se avremo il coraggio di osservarle, il nostro sguardo cambierà e ci ritroveremo ad amare gli altri per quello che sono perché “Il vero amore comincia quando non ci si aspetta nulla in cambio” (Saint-Exupery).
#22maggio2021
#GiornaleDiBrescia
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