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NEL SILENZIO, LA CORRENTE DELLA VITA
È la distrazione che mi colpisce. Quella che diventa fuga. Succede di continuo, come se la vita fosse un incessante allontanarsi da ciò che accade.
Come se mancasse sempre qualcosa e noi non ci stanchissimo di inseguire quella mancanza senza accorgerci che il riempire un’assenza, può solo originarne un’altra.
È stato Giorgio a farmici riflettere mostrandomi altresì come la sofferenza possa aprire un varco nella nebbia delle nostre radicate, inconsapevoli, convinzioni.
«Continuavo a scappare riempiendomi di cose da fare e di persone da frequentare - dice Giorgio sprofondato nella sua poltrona di pelle rossa - una vita piena, la mia, ma di rimbalzi da una situazione all’altra, da una donna all’altra, come una biglia che gira all’impazzata pur di evitare l’incontro con se stessa».
«Qualcosa ha funzionato? Voglio dire: sei mai stato felice?» chiedo.
«Ho avuto tante soddisfazioni, ma mi rendo conto di aver solo cercato di riempire un vuoto che si ingrandiva sempre di più. Ti ricordi quando ascoltavo i Pink Floyd a volume assordante?
Il silenzio, quello dei suoni della natura, o di quando entri in casa e non c’è nessuno, quel silenzio lì mi scoppiava dentro, era come se desse voce alle mie inquietudini che forsennate urlavano tutte insieme. È allora che mi dovevo trovare subito un diversivo per riempire quell’insopportabile nulla».
«Che cosa c’era di così temibile nello stare in compagnia di te stesso?»
«C’era… - scuote la testa - c’era che non riuscivo a starci con me, e non solo con me, io non ce la facevo a stare con quello che mi succedeva, la mia mente aveva bisogno di scappare da un’altra parte. Prendi il jogging; perché correvo ascoltando musica rock? Non si può fare jogging e basta?
E poi… poi davo per scontate le persone care, così scontate da dimenticarmi di dimostrare loro il mio amore e - continua non asciugandosi le lacrime che gli bagnano il viso - solo adesso che la vita me le ha portate via, ho compreso quello che conta davvero»
Gli ricordo che non è mai troppo tardi per la consapevolezza, lui annuisce e prende un libro, “Le Sacre du Dragon Vert” di Eric Baret, addentrandosi nel quale ha compreso che quanto ci accade non è un incidente, che nessuno ci punisce e che tutte le circostanze della vita hanno un senso profondo che non è concettuale, ma sostanziale.
Legge: “Non significa nulla quello che ci accade, ma questo «significa nulla» ha un senso profondo che è una corrente della vita. Quando si lascia libera la situazione, si avverte questa corrente che guida la vostra vita, non c’è niente di personale”.
Adesso che Giorgio non zittisce e nemmeno fugge la silente compagnia delle sue ferite, il senso profondo dell’esistenza gli si sta dolcemente palesando donandogli pace; scrive Baret: “Quando si ascolta la vita, c’è solo pace, ma quando si pensa, si giudica, si rifiuta, c’è solo violenza”.
Giorgio si è liberato dal tormento della fuga da se stesso e dagli eventi, e la sua quiete interiore può diventare una “tana libera tutti” o quanto meno un balsamo per chi, prigioniero nel baratro del dolore, non percepisce ancora la corrente della vita che, magari a ritmo dei mitici Pink Floyd, fluisce incessante continuando ad indicare la via per tornare “a riveder le stelle”.
#31luglio2021
#GiornaleDiBrescia
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