NON NE ABBIAMO ABBASTANZA DI STRISCIARE?

Non possiamo rispettarci a vicenda? A cosa serve la critica fulminea per le scelte altrui? Perché ogni schieramento deve erigere la propria muraglia pur sapendo che la separazione rende deboli?

Quando le nostre frequenze sono alte, siamo luminosi, in pace, non offendiamo, sospendiamo il giudizio, dispensiamo amore. Punto.

Quando, invece, vibriamo nell’ombra delle basse frequenze, nutriamo il nostro e altrui malessere scagliandoci contro chi è nero o giallo, vota a destra o a sinistra, non si vaccina o si vaccina, creando divisioni.

Se non ci accorgiamo di quanto distruttiva sia la frattura che le invettive personali provocano ad ogni livello, facciamo un salto indietro nel tempo e osserviamo cosa succede quando a regnare è l’unione.

È il 6 aprile del 2009, sono le 3 e 32 quando la terra dell’Aquila e di altri 56 comuni trema nella notte con una serie di violentissime scosse che causano 309 vittime, 1600 feriti e 100mila sfollati.

Le parole di Paola, che ha vissuto il sisma, sono sbalorditive: «Lutti, malattie, litigi, fallimenti economici, divorzi…, abbiamo tutti i nostri terremoti personali perché la vita, prima o poi, scuote le nostre sicurezze scaraventandoci in uno stato di profonda solitudine interiore.

Fra i vari scossoni c’è anche quello tellurico che ci porta via case e persone, lasciandoci per strada con i vestiti del momento e nulla più. Quando va bene. Ma sai una cosa? - Esclama sorridendo - Quel periodo è stato il più bello della nostra vita perché di colpo eravamo tutti uguali.

Ognuno aveva perso una o più persone care ma, uniti e solidali, siamo diventati un corpo unico che parlava solo la lingua dell’altruismo. Nessuno si sentiva più solo. Tutti pensavano a tutti.

Il governo ci ha sostenuti e dato velocemente una casa, ma non c’era solo questo: i nostri volti risplendevano di una luce nuova che generava una forza grandiosa in grado di seminare bellezza e di far ripartire l’intera comunità».

Sono sorpresa. Il terremoto ha seminato morte e distruzione, ma dall’unione degli aquilani è nata una realtà nella quale la solitudine e la separazione non esistevano più e il sostegno reciproco era la normalità.

È quindi necessaria una calamità per cambiare l’essere umano? Non è più semplice smettere subito di combatterci a vicenda?

Le guerre, anche quelle personali, sono devastanti. Basta! Smettiamola di fare quelli che sanno tutto e armiamoci di sana umiltà. Allora sì che cambieremo la storia. Socrate (che era Socrate) sapeva di non sapere, mentre noi sappiamo tutto. Non solo.

Critichiamo e offendiamo (alimentando la critica e l’offesa) e, così facendo, viviamo terra terra mangiando polvere. Non ne abbiamo abbastanza di creare divisioni, cioè di strisciare?

È ora, alla stregua dei terremotati, di volare verso frequenze più alte, di lasciar brillare la fiamma che ci abita, di diventare compassionevoli e, al tempo stesso, decisi nell’azione.

È ora di sospendere il giudizio frettoloso, perché la realtà è complessa e noi ne vediamo solo un piccolo frammento.

È ora di svegliarci se non altro per spegnere la sveglia che, fastidiosa, continua a suonare, di toglierci l’abito da dormienti e di uscire indossando il sorriso di chi si è riappropriato del proprio ruolo di co-Creatore di un mondo nuovo.

  
#21agosto2021
#GiornaleDiBrescia


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