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CI FACCIAMO OMBRA DA SOLI
Mi sono fatta ombra per anni. Senza saperlo. Camminando non ci facevo più nemmeno caso a quella forma scura che continuava a seguirmi, non certo per perseguitarmi, ma perché era, ed è, una mia creazione.
Oggi per la prima volta l’ho esaminata. Non la mia. È sempre così difficile vedere se stessi!
Ho osservato l’ombra del mio cane. Lui camminava davanti a me. A sinistra c’era il sole, in mezzo il lupo e alla sua destra una sagoma nera con coda e orecchie ben più grandi delle sue.
Ho chiesto all’ombra: «Esisti sempre?» Risposta: «No. Quando il sole è perpendicolare sulla tua testa, nel centro del giorno, nel centro di te, io non ci sono».
È stato in quel momento che ho compreso che quando siamo verticalmente attraversati dalla luce, siamo nella Coscienza e lì, dove la beatitudine zampilla, non può esistere alcuna oscurità.
Al contrario, quando perdiamo la connessione con il Grande Sole, generiamo ombre.
Immaginiamo la vita svolgersi su di un piano cartesiano:
sull’asse orizzontale ci sono gli eventi quotidiani dove sperimentiamo la separazione dalla Sorgente e quindi l’ombra nelle sue varie declinazioni (rabbia, aggressività, potere, invidia, rancore, gelosia, depressione, possesso, controllo, pigrizia, avidità…);
sulla verticalità dell’esistenza c’è l’unione con Dio (l’Amore, lo Spirito o comunque vogliamo chiamarlo).
La nostra persona dovrebbe cercare di mantenere un andamento obliquo, possibilmente il più possibile tendente verso l’alto, per fare esperienza nell’orizzontale e crescere in verticale.
La direzione della nostra andatura la decidiamo noi.
Che il crocifisso rappresenti il giusto equilibrio fra le due rette?
Essendo il lato orizzontale della croce lungo circa la metà di quello verticale, potrebbe essere che siamo sì qui per esperire la quotidianità con i suoi opposti (bene-male, giusto-sbagliato), ma soprattutto, almeno il doppio, per collegarci con Dio ponendoci appiombo della Luce?
C’è un detto Zen che dice: “L’uomo rimane nella sua stessa ombra e si chiede perché mai faccia buio”.
Ci stiamo avvicinando alla Pasqua, tempo propizio per aprire gli occhi e accorgerci del buio generato dai nostri pensieri, un groviglio che vediamo rappresentato nelle ombre che proiettiamo quando, invece che elevarci, strisciamo sul piano dell’esistenza molto vicini all’orizzontalità del suolo. Molto vicini alla polvere. E al fango.
Riportiamoci in posizione eretta. Alziamo gli occhi e raccogliamo un ramo d’ulivo che, con le sue foglie argentate che luccicano al sole, sarà il segnale che ci aiuterà a ricordarci la direzione intrapresa. Poi, nel silenzio di Chi Siamo, rigeneriamoci sotto la doccia della Luce.
Immaginiamocela, questa doccia; gocce luminose scendono copiose sulla nostra testa, senza bagnarci. Ci attraversano. Ne percepiamo il calore.
Zampilli d’oro ci solleticano a fior di pelle, rimbalzano ovunque, riempiono l’aria di guizzi e trilli festosi. Il nostro cuore è gonfio d’amore.
Questo flusso cangiante è una dolcissima presenza. È tenerezza. Silenzio. È una carezza che ci sfiora appena e inebria totalmente.
Chiudiamo gli occhi, respiriamola piano. Ci scalda, ed è già sorriso.
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