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SIAMO PREDE DI PENSIERI DISTRUTTIVI?
Dieci parole via mail avevano mandato in frantumi la sua esistenza, venerdì sera, quando Valerio, il titolare, le aveva scritto: “Devo parlarti. Così non si va avanti. Ci vediamo lunedì”.
Quelle righe erano diventate il suo tormento e, mentre il boss era partito per una breve vacanza con la famiglia, il fine settimana di Laura era stato abitato, oltre che da morsi alla pancia e ansie rosicanti, anche da insonnia e incubi sul licenziamento, in uno scorrere lento di ore intrise di piombo e pensieri catastrofici:
“Perché non mi hai chiamata? Mi licenzi con una mail? E il mutuo? Chi lo trova un lavoro decente a 50 anni? Non avrei dovuto affidare la campagna social a Davide, ma si era venduto bene e l’avevi assunto proprio tu!”
Il sabato, macinato al rallentatore, era stato costellato di spiacevolezze quali una multa, una botta allo stinco, una gomma tagliata e un insulto piovuto a sproposito mentre domenica, nel tentativo di distrarsi facendo una passeggiata, Laura era stata sorpresa da un temporale che le aveva inzuppato cuore e vestiti.
Lunedì. Valerio entra in ufficio sorridente. Laura, il cuore a 1000, lo segue con lo sguardo da un angolo dell’ufficio. Lo osserva parlare con Davide che si fa serio. Laura ha uno scorpione vivo nello stomaco, sta per arrivare il suo turno. “Devo svenire, subito!” decreta imperiosa la sua mente. Non sviene.
Valerio è davanti a lei e fa un cenno con la testa indicandole il suo ufficio. “Non sono nemmeno più degna di una parola?” pensa la donna mentre segue il capo con lo stesso sguardo di rassegnato terrore della mucca condotta al macello.
La porta della direzione si chiude alle loro spalle. Valerio si gira verso di lei, sorride ma, sorpreso dal volto esausto della donna, le chiede: «Come stai?»
«Bene» balbetta lei.
«Sembri distrutta! Vuoi andare a casa?»
Ecco le parole che Laura non avrebbe voluto sentire. La sua paura urla “Lo sapevo, mi sta licenziando, perché non svengo mai quando mi serve?” mentre la sua voce farfuglia: «Tutto ok, solo un po’ di stanchezza».
Valerio chiama subito l’albergo dove è appena stato e prenota una camera a nome di Laura per il fine settimana successivo. «Ne hai bisogno, è un mio regalo, vedrai che posto!» dice. “Un maledetto regalo d’addio, tienitelo pure” urla silente la rabbia della donna. «E non è tutto - continua il capo - ho deciso di cambiare rotta e di proporti… di prendere il mio posto».
«Ma, la mail?» strabuzza gli occhi Laura.
«Esatto. Non posso più continuare così e ritrovarmi domattina i figli maggiorenni senza nemmeno averli visti crescere. Ho bisogno di tempo per me e tu sei perfetta per dirigere l’azienda».
Esatto. La mail. Dieci parole che Laura ha tradotto in pensieri distruttivi i quali hanno creato, oltre a mal di pancia e incubi, gomme bucate e multe in una spirale distruttiva, da lei stessa alimentata, che l’ha fatta girare vorticosamente per due giorni rappresentandole quello che aveva dentro attraverso i suoi stati d’animo e gli eventi esterni perché
“Non è la materia che genera il pensiero - diceva Giordano Bruno - è il pensiero che genera la materia”.
È un attimo. La tensione le crolla addosso e Laura sviene. Mai al momento giusto.
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