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È INDISPENSABILE UMILIARE PER CORREGGERE?
Brescia. Parco Ducos. Il giovane procede a grandi falcate verso un anziano che, seduto sulla panchina, sta leggendo il Giornale di Brescia e, raggiuntolo, esclama: «Si ricorda di me?» Il vecchio abbassa il quotidiano e cerca nella memoria, senza trovarvi alcunché.
«Professor Rossi - dice il giovane - sono Mino Scafi, ero un suo studente».
«Che piacere rivederti - sorride il Prof - Cosa mi racconti?»
«Sono un insegnante - risponde orgoglioso il giovane - e, in verità, lo sono perché volevo essere per molti ragazzi l’educatore che lei è stato per me».
Lo sguardo del vecchio si riempie di stupore.
«Se la ricorda la faccenda di Alessandro Stretta?» chiede Mino. Rossi denega.
«Gliela racconto - dice l’ex allievo sedendosi sulla panchina - un giorno Alessandro era venuto a scuola con un Rolex d’oro. Ad un certo punto se l’era tolto e l’aveva messo nell’astuccio ma, al momento di rimetterselo, l’orologio era sparito. Alessandro era subito venuto da lei e lei ci aveva chiesto di restituirlo, ma l’orologio non era saltato fuori;
allora ci aveva messi tutti in fila e fatto chiudere gli occhi. Stando alle nostre spalle, ci aveva passati in rassegna ad uno ad uno frugando nelle nostre tasche e, al mio turno, aveva trovato l’orologio. E l’aveva preso. Non avevo mai provato tanta vergogna, non avevo il coraggio di aprire gli occhi, ma lei non ha detto nulla, non si è nemmeno fermato e ha proseguito a cercare nelle rimanenti tasche.
Alla fine ha detto: “Potete aprire gli occhi. Ho trovato l’orologio”».
Il professore in pensione tace. Mino continua: «Si rende conto? Lei non ha dichiarato il nome del ladro salvando così la mia dignità. Per sempre. Non solo: lei non mi ha mai fatto alcuna morale, nemmeno in privato».
«Mi ricordo del furto e anche di aver rovistato nelle vostre tasche - afferma il vecchio - ma non ho mai saputo chi fosse il colpevole, perché anch’io avevo gli occhi chiusi mentre cercavo».
Attonito Mino apprende, a distanza di 30 anni, la seconda parte della più grande lezione di vita mai ricevuta e, asciugandosi una lacrima furtiva, conclude: «Quell’episodio mi ha mostrato che il vero educatore non ha bisogno di umiliare per correggere e oggi mi insegna che l’uomo integro non curiosa mai nelle colpe altrui, per non rischiare di incorrere nella trappola del giudizio».
Il dolce tacere di Rossi mette la parola fine al racconto del parco mentre io mi chiedo: chi è il vero maestro?
Che sia colui che, prima di insegnare agli altri a camminare, ha già percorso il viaggio più importante, quello che si consuma nelle profondità del proprio cuore? Che sia questo il motivo che fa sorridere il vecchio professore con la dolcezza propria dell’uomo risolto che gioisce di Chi è, indipendentemente dal consenso altrui?
Questa storia narrata da un anonimo e che a me è piaciuto ambientare a Brescia, mi ha lasciata, a fine lettura, avvolta da una carezza profumata di petali e sorrisi. E non solo io.
All’improvviso l’intero Pianeta si era imperlato di soffusa amorevolezza. Per qualche istante l’umanità respirava gioia pura e questo andava raccontato perché non siano solo le brutture del mondo a bussare alla nostra porta, ma anche la bellezza di Uomini e Donne che agiscono lasciandosi guidare dal loro cuore.
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#16luglio2022
#GiornaleDiBrescia
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