LA GIOSTRA DELLA VITA E IL BILANCIO DEL CUORE

Mi succedeva sempre di stupirmi quando, in prossimità del valico di fine anno, prima di scrivere i miei obiettivi di vita nel bilancio preventivo dei mesi a venire, andavo a rileggere le mete che mi ero prefissata l’anno precedente; molti dei miei desideri si erano realizzati come se l’averli messi nero su bianco, li avesse fortificati.

Sorridevo a me stessa, a quello che 365 giorni prima era così importante mentre in quel momento non lo era più, e a quanto, invece, era balzato prepotente in primo piano.

A lungo mi sono impegnata a redigere bilanci giocando a fare la ragioniera a cavallo ora di un unicorno, ora di una giraffa, ora di un leone, continuando a girare in tondo sulla giostra dell’esistenza che, con tanto di musica e zucchero filato, consumava incessante le ore che mi separavano dal successivo 31 dicembre.

Quel giorno scendevo, mi sgranchivo le gambe, mangiavo una ciambella, controllavo il bilancio passato, scrivevo i nuovi traguardi e poi risalivo sul carosello, cambiando animale, e ricominciando a girare.

Attorno a me la gente passava, il cielo cambiava colore, le voci concitate si alternavano al brusio di sottofondo, i venditori di caramelle riempivano nuovi sacchetti, ma i miei desideri e il mio volerli cavalcare, erano sempre lì.

Quando la musica si abbassava mi succedeva, talvolta, di udire i rintocchi del mio cuore; in quei momenti avevo l’impressione che il tempo non corresse lungo una linea, che il mio procedere fosse illusorio e che, mentre il mio corpo era in movimento sulla groppa degli animali, io non stessi, in realtà, andando da nessuna parte.

Un giorno il mio cuore ha sussultato così forte, da disarcionarmi. 

Gli animali della giostra continuavano a dondolare, la musica era allegra e le bancarelle piene di caramelle, ma io, all’improvviso, non mi divertivo più anzi, a dirla tutta, mi annoiavo proprio. È stato allora che sono scesa dalla giostra e mi sono allontanata.

Passo dopo passo sono arrivata in un prato e mi sono seduta ai piedi di una grande quercia. Lì ho incontrato l’immensità del cielo terso, il solletico della formica sulla mano, i trilli gioiosi degli uccellini, il calore del sole sull’erba, le farfalle leggere nell’aria e tutto era silenzio, miracolo, danza, musica, amore. Io.

C’era Vita, quella che prima non riuscivo a percepire, un po’ per via dei rumori, un po’ per le continue distrazioni che fra animali fantastici, dolciumi e compagni di gioco, rendevano quel vorticoso girare, un appassionato caos.

E adesso? Non c’era più nulla da cercare, bilanci da scrivere e budget da controllare, ogni cosa era al posto giusto, ferma eppure in continuo divenire. Tutto era già presente. E perfetto.

Me ne stavo immobile a guardarmi attorno; mentre le lacrime rigavano salate il mio sorriso, la meraviglia si dispiegava solenne davanti ai miei occhi mostrandomi un immenso Parco Naturale al centro del quale il grande Architetto aveva posizionato un Luna Park, perché io fossi libera di sperimentare le diverse attrazioni, ma anche di scegliere la pace incontaminata che da sempre aveva regnato sullo sfondo del palcoscenico, avvolgendo i rintocchi del mio cuore. Ad uno ad uno.

 

 

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#2 gennaio 2021
#GiornaleDiBrescia

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