LA MONTAGNA CHE INSEGNA A VIVERE

«Siamo due amici. Siamo due attori. E siamo due arrampicatori della domenica, come ci piace definirci. Anni fa ci siamo imbattuti nell’incredibile storia vera di due alpinisti, Joe Simpson e Simon Yates (narrata nel best seller “La Morte Sospesa”). Da questo incontro è nato il nostro primo spettacolo ‘(S)legati’ che è stato il punto di partenza di un’avventura che ancora dura».

Hanno gli occhi accesi dall’entusiasmo, Mattia Fabris e Jacopo Bicocchi, mentre mi raccontano di Joe e Simon e della montagna fattasi metafora delle relazioni portate al limite estremo, quello in cui la verità prende forma, ti mette alle strette e ti costringe a fare quel gesto che sempre ci appare così violento e terribile, ma che, a volte, è l’unico gesto necessario alla vita di entrambi: tagliare. 

«Quel giorno d’inverno eravamo a Bolzano. Tutte le montagne erano innevate. Immediatamente è nato in noi il sogno di poter raccontare “La Morte Sospesa” non solo nei teatri, ma anche sulle cime.

“Facciamo una tournée nei rifugi! - ci siamo detti - di giorno camminiamo e la sera raccontiamo di Joe e di Simon, perché la loro non è solo un’impresa sovrumana, ma un’avventura profondamente umana fatta di gioia, dolore, coraggio, paura, morte, vita; è la storia di tutti noi, quando ci troviamo ad affrontare difficoltà che ci sembrano insormontabili».

I due ragazzi sono così partiti nell’agosto del 2012 per la loro prima tournée nei rifugi delle Alpi Orobie totalizzando ad oggi oltre 300 repliche, vincendo premi e, soprattutto, lasciando agli spettatori, si legge sul loro sito (compagniaslegati.com), l’emozione profonda che fa restare senza parole. 

Da quell’inizio la montagna li ha adottati tanto da vederli dar vita ad una lunga serie di attività teatrali e narrative legate alle cime, e a mettere in scena altre storie vere con al centro sempre l’uomo e le sue scelte.

Dell’ultima nata, che ho appena visto, ‘Anche i sogni impossibili, il XV Ottomila di Fausto De Stefani’ (previste repliche in ottobre) riporto alcuni stralci che hanno lasciato anche me senza parole, perché i testi degli (S)legati hanno la stessa frequenza del cuore ed entrano dritti e muti nelle nostre profondità. O altezze.

«Andar per monti, mettersi in gioco, capire il senso, chi sei, perché salgo? Siamo circondati dalle sfide estreme!

La vera sfida è conoscere sé stessi.

Su quelle cime non bisogna cercare la vetta, ma le proprie paure, quelle che ti assalgono nell’ora più profonda della notte mentre ti dibatti per dare un senso alla tua vita, la stessa che potresti perdere per la cosa più inutile del mondo: scalare le montagne.

È pericolosa, la montagna, non tanto quando non ce la fai, molto di più quando ce la fai, perché rischi che il tuo ego raggiunga dimensioni ben più imponenti delle montagne. Le montagne, da che mondo è mondo, sono la casa degli Dei, ma raggiungere quelle sacre vette non vuol dire essere un Dio, ma guardare in basso con uno sguardo nuovo: lo sguardo compassionevole di Dio». 

Ancora non sapevo il perché delle mie lacrime. Eravamo in piedi e non la smettevamo di applaudire. Qualcosa di dolce ci aveva sfiorati. Tutti. Forse era stata una carezza: lo sguardo compassionevole di Dio.

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#8ottobre2022
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